Come le sneakers hanno mangiato il mercato dell’alta moda

 Era il 1920 quando è nato il termine “sneaker”. Letteralmente in inglese significa “scivolante, silenzioso”, per via della suola in gomma che facilita il movimento senza rumori. “To sneak” significa infatti esattamente questo: muoversi o agire silenziosamente, non udibili o osservabili.

In pochi anni la più famosa sneaker della storia, la Converse All Star, è entrata nella cultura popolare dentro e fuori il mondo sportivo. Nata inizialmente come scarpa da basket, la sua forma è stata via via rivista e rimodernata per design e materiale, per renderla sempre più performante, fino al pinnacolo della tecnologia calzaturiera per lo sport: la Jordan di Nike, creata per il cestista americano Michael Jordan, per migliorare le sue prestazioni in salto.

Da quel momento le scarpe da ginnastica non sono più state considerate semplici accessori sportivi, per gli atleti o per chi frequentava palestre e tracciati da corsa. La sneakers entra nel guardaroba collettivo e quotidiano: diventa la scarpa più scelta dai giovani e giovanissimi per la scuola, esce dalle palestre e si infila anche nei luoghi di lavoro. In alcuni lo fa in modo piuttosto banale, come i ristoranti oppure gli ospedali, dove è scelta per la sua comodità anche dopo molte ore in piedi; in altri lo in modo più silenzioso e rimodernato per stile e forma, come ad esempio negli uffici.

Per decenni la sneakers è stata una scarpa a basso costo: gomma, stoffa e raramente pellame di qualità non eccellente la rendevano accessibile davvero a qualsiasi persona.

Tutto cambia quando l’alta moda si accorge della sua esistenza, e comprende di poter guadagnare milioni dalla sua vendita. Parte quindi una caccia al design più originale, al materiale più bizzarro, alla forma più stravagante. Entrano in questa categoria anche le proposte del brand Renato Balestra: il tentativo dello stilista triestino è quello di ammodernare la sneakers, conservandone la comodità ma rendendola più sobria e versatile anche nei luoghi di lavoro non troppo formali.

Ma l’offerta, in questo senso, si spreca: Balenciaga inizia a produrre scarpe da ginnastica in microrete, aderentissime sul piede che si indossano come un calzino; Nike continua a puntare sui due modelli più venduti, la Air Jordan e la Air Force 01, collaborando continuamente con stilisti, come Virgil Abloh (oggi direttore artistico di Louis Vuitton) e rap-star, come Travis Scott; Adidas passa dallo stile del tennis, sviluppato con Stan Smith (che dà il nome ad uno dei modelli più famosi) alla collaborazione con Yeezy-Kanye West; Versace rimoderna la suola sviluppando un design “a catena”, che dà appunto il nome Chain Reaction al modello.

Ma come si mettono in confronto Nike e Adidas con Versace e Balenciaga? Il prezzo di vendita di queste scarpe è assolutamente differente: parliamo di costi tra i 100 e i 300 euro per le prime, fino agli 800 e oltre delle grandi firme.

Gli appassionati di sneakers hanno immediatamente notato che le collezioni più preziose sono vendute in pezzi limitatissimi nei negozi, pochissime unità per un enorme pubblico di appassionati. I fortunati che riescono ad accaparrarsi il modello dei sogni non lo sfoggiano e non lo usano: lo rivendono. E il suo costo cresce, cresce e cresce, fino a superare anche i costi di vendita delle sneakers di brand di alta moda.